Fino al decennio scorso, l’atto di vomitare era considerato esclusivamente un sintomo accessorio, appartenente ad altre tipologie di disturbi alimentari, ad esempio la bulimia, in cui esso assumeva la funzione di condotta di eliminazione, allo scopo di “liberarsi” del nutrimento introdotto, percepito come eccessivo.
Il vomiting può anche essere considerato come una patologia specifica, in cui questo atto diventa per chi ne soffre una compulsione, che può condurre ad una vera e propria dipendenza. Dunque, da una condotta legata esclusivamente al tentativo di controllare l’introito nutritivo, il peso e la propria forma corporea, è possibile che la sequenza ripetitiva dell’atto di nutrirsi e successivamente vomitare si trasformi essa stessa in un “rituale di piacere”, a cui risulta impossibile rinunciare.
Il vomiting ha le stesse drammatiche conseguenze della bulimia, da un punto di vista fisico, come la corrosione del condotto gastroesofageo, oppure danni allo smalto dentale e alle ghiandole salivari.